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GERMANIA
Stato dell'Europa centrale comprendente al 1993
i territori compresi tra il Reno e l'Oder e tra i mari del Nord e Baltico
e le Alpi.
DA CESARE A CARLO MAGNO. La regione costituì una parte dell'assai
più vasto territorio interessato dalle migrazioni dei germani
a partire dai luoghi di originario insediamento sul Baltico. Al tempo
di Cesare il Reno già segnava la frontiera fra le Gallie e la Germania,
intesa come il paese abitato dai germani, tribù molto diverse per
costumi e legate unicamente dalle somiglianze fra i dialetti. Fallita
la conquista promossa da Augusto (battaglia di
Teutoburgo, 9 d.C.), la presenza romana si limitò tra il 70
e il 270 agli agri decumate. Fra il III e
il VI secolo le tribù germaniche si spostarono in massa verso occidente,
infrangendo il limes renano-danubiano e dilagando fino alle più
lontane province dell'impero romano. Le regioni a oriente dell'Elba, dalle
quali i germani provenivano, restarono così spopolate e furono
occupate negli ultimi decenni del VI secolo dagli slavi. Un'ampia area
a occidente del Reno (includente fra l'altro Treviri e la Mosella) e a
sud del Danubio (le province romane della Germania superiore, Rezia e
Norico) veniva investita da un profondo processo di germanizzazione etnolinguistica.
Nel VI secolo le regioni germaniche abitate da turingi, alemanni e bavari
caddero sotto il controllo dei franchi; nell'VIII secolo Carlo Magno estese
il dominio franco anche alla Germania settentrionale, sottomettendo e
cristianizzando fra il 772 e il 795 i sassoni e portando la frontiera
del regno dei franchi a diretto contatto con gli slavi dell'Elba.
LA GERMANIA E IL SACRO ROMANO IMPERO. La divisione dell'impero
carolingio decisa dal trattato di Verdun (843)
dette vita a un regno dei franchi orientali, incentrato sulla Franconia
e retto fino al 911 da re di discendenza carolingia. La Germania divenne
quindi una monarchia elettiva, composta di quattro grandi ducati (corrispondenti
alle maggiori etnie germaniche: Franconia, Sassonia, Svevia e Baviera),
ai quali si era aggiunta la Lorena. Assegnata dapprima al duca di Franconia,
la corona tedesca passò poi ai duchi di Sassonia, che la tennero
dal 919 al 1024. Con la vittoria di Lechfeld (955)
Ottone I chiuse la frontiera sudorientale
alle incursioni degli ungari, ricostituendo contro di loro la marca orientale
(la futura Austria); la creazione della marca del nord a oriente dell'Elba
costituì invece il primo tentativo di espansione tedesca nelle
terre slave. Con la restaurazione dell'impero (Sacro
romano impero) a opera di Ottone I, la Germania si trovò inserita
in un organismo politico che imponeva agli imperatori di svolgere anche
una politica italiana: Ottone II andò a combattere i saraceni in
Calabria, fu sconfitto e morì di malaria; Ottone III si interessò
più di Roma che dell'impero. Di fronte alla reazione slava crollava
intanto la primitiva marca del nord. La successiva dinastia dei Salii,
i duchi di Franconia (1024-1125), fu direttamente coinvolta nelle vicende
della Riforma gregoriana della chiesa, e nella
lotta per le investiture svolse contro il
papato il suo ruolo di potere superiore derivato da Dio, risultando infine
sconfitta. Travolta dalla guerra civile fra avversari e seguaci di Enrico
IV, la Germania cominciò a vedere la comparsa di poteri locali
di tipo feudale. Federico I (1152-1190), il maggior esponente della dinastia
sveva degli Hohenstaufen (1137-1254), riuscì a ristabilire il potere
regio, ponendo fine al conflitto fra guelfi e ghibellini e distruggendo
la potenza di Enrico il Leone, ma fu anch'egli attratto dalle vicende
italiane, combattendo contro i comuni e procurando a suo figlio Enrico
VI la successione nel regno di Sicilia. E soprattutto re di Sicilia fu
Federico II (1212-1250), che si disinteressò della Germania, consentendovi
un ulteriore sviluppo dei poteri feudali. Giungeva in quel periodo a compimento
l'espansione tedesca a oriente dell'Elba. Essa era ripresa nell'XI e nel
XII secolo nella forma di una continua corrente di emigrazione che, favorita
dai signori laici ed ecclesiastici, si muoveva a colonizzare e a germanizzare
le regioni scarsamente popolate del Brandeburgo, Meclenburgo, Pomerania,
Lusazia, Sudeti e Slesia. La spinta colonizzatrice entrò in una
nuova fase da quando venne protetta dagli Ordini dei cavalieri portaspada
e teutonici che, trasferendo nel nord baltico e slavo lo spirito di crociata,
si posero dal principio del XIII secolo alla conquista della Prussia e
della Livonia, dove sorsero le città di Danzica, Königsberg,
Memel, Riga e Reval, divenute in seguito importanti centri dei mercanti
tedeschi e membri della lega anseatica.
LA GERMANIA DEI PRINCIPATI E DELLE CITTÁ. La dinastia sveva
si estinse nel 1254 e per una ventina d'anni la corona tedesca restò
vacante; solo nel 1273 i principi tedeschi elessero Rodolfo d'Asburgo,
un piccolo signore feudale. Per quasi due secoli le corone di re di Germania
e di imperatore furono attribuite a principi poco in grado di imporre
poteri centrali, come gli Asburgo, i conti di Lussemburgo o i duchi di
Baviera. Impossibilitati a far valere all'interno i loro poteri sovrani,
questi re si adoperarono invece per ottenere territori o corone al di
fuori dei propri domini ereditari. Così i Lussemburgo furono nel
XIV secolo re elettivi di Boemia e fra il XIV e il XV secolo ottennero
anche la corona d'Ungheria; gli Asburgo divennero dal 1278 duchi d'Austria
e nel XV secolo tentarono di impadronirsi delle corone di Boemia e Ungheria.
Nel 1356 la Bolla d'oro di Carlo IV di Lussemburgo
aveva costituito il collegio dei sette elettori imperiali, che includeva,
accanto ai tre arcivescovi di Colonia, Magonza e Treviri, i quattro principi
del Brandeburgo, Sassonia, Palatinato renano e Boemia. Nel XIV e XV secolo
i poteri regi restarono assai deboli, ma si rafforzarono invece come stati
di media grandezza i principati elettorali, la Baviera e l'Austria. Erano
però in atto forze disgregatrici che portavano ad accrescere continuamente
il numero delle entità politiche tedesche. Accanto ai principati
laici ed ecclesiastici, spesso di piccole dimensioni, sorsero numerose,
dalla fine del Duecento, le città libere dell'impero, con poteri
di autogoverno che, a differenza dei comuni italiani, non ampliavano il
proprio dominio sul contado. Il XV secolo vide un rapido sviluppo di Lipsia
e delle città situate sulla strada che univa Venezia ai Paesi bassi
(Augusta, Norimberga e Francoforte), che vennero ad aggiungersi alle città
della lega anseatica, da Colonia e Lubecca a Danzica e Riga.
LA RIFORMA E LA GUERRA DEI TRENT'ANNI. Con le sue centinaia di
centri di sovranità, grandi, piccoli o minuscoli, e con la sua
corona elettiva priva di poteri, la Germania stava diventando al principio
del XVI secolo una realtà politica anacronistica di fronte all'affermazione
delle monarchie centralizzate in Francia, Inghilterra e Spagna. Già
dal 1521 i principi tedeschi videro nell'adesione alla Riforma un'occasione
per accrescere il proprio potere impadronendosi dei beni della chiesa
e assumendo la direzione della vita religiosa dei loro sudditi; ma la
nascita delle chiese di stato tedesche fu simultanea al tentativo di Carlo
V di imporre l'egemonia imperiale sulla Germania e l'Europa. La divisione
fra cattolici e protestanti e fra alleati e avversari dell'imperatore
condusse a una guerra civile e religiosa (1546-1555) conclusa dalla pace
di Augusta. Questa risultò efficace per molti decenni e consentì
a diversi principi tedeschi di passare dal cattolicesimo al protestantesimo,
cosicché al principio del XVII secolo dei quattro elettori laici
dell'impero solo uno, quello della Boemia (dove regnavano gli Asburgo),
era rimasto cattolico. Il passaggio degli Asburgo al fronte più
radicale della Controriforma, dopo che a lungo essi l'avevano applicata
con moderazione, pose le premesse per la rivolta boema e quindi per la
guerra dei Trent'anni (1618-1648), nella quale il progetto di sconfiggere
il protestantesimo si unì a quello di imporre l'assolutismo asburgico
sulla Germania. Ma la guerra assunse presto una dimensione europea. Sconfitti
gli Asburgo d'Austria, la Germania divenne l'oggetto delle mire espansive
danesi, svedesi e francesi. Percorso e insanguinato dai diversi eserciti
in lotta, il paese fu condotto alla totale rovina demografica ed economica
(fino a due terzi della popolazione uccisa e annientamento delle attività
commerciali) mentre la pace di Vestfalia (1648) impose pesanti amputazioni
territoriali a favore dei vincitori e consolidò l'autonomia politica
di circa 350 entità politiche, svuotando totalmente di contenuto
l'autorità asburgica e affidando il governo della Germania a una
dieta che, costretta ogni volta a trovare l'unanimità, somigliava
piuttosto a un congresso internazionale.
DAL GRANDE ELETTORE A BISMARCK. Dopo il 1648 l'assetto politico
della Germania restò immutato per un secolo e mezzo, ma, mentre
gli Asburgo si interessavano sempre più all'espansione nell'area
danubiano-balcanica, cresceva il peso della Prussia, grazie alla sua unione
col Brandeburgo sotto la dinastia degli Hohenzollern (1618), seguita dai
vantaggi politici e territoriali acquisiti da Federico Guglielmo, il Grande
Elettore, e dai suoi successori con la partecipazione ai maggiori conflitti
europei del XVII e XVIII secolo. Promossa dall'imperatore a regno in cambio
dell'aiuto ricevuto durante la guerra di successione spagnola (1701-1713),
la Prussia assolutista divenne una protagonista della politica europea.
Nel 1740 il nuovo sovrano Federico II ereditò un regno composito
e senza continuità territoriale, che andava dai possedimenti sul
Reno alla frontiera nordorientale della Prussia sul Niemen, e lo accrebbe
con le annessioni della Slesia e della Prussia occidentale (spartizioni
della Polonia). Uscito indenne dalla guerra dei Sette anni (1756-1763),
Federico II poté lasciare alla sua morte (1786) un regno con una
nobiltà che monopolizzava la proprietà terriera, una forte
burocrazia statale, sei milioni di abitanti e un esercito di 200.000 uomini.
Austria e Prussia, i maggiori stati tedeschi, presero parte entrambi alla
prima coalizione contro la Francia rivoluzionaria e dovettero poi subire
pesantemente i progetti di Napoleone sulla riorganizzazione della Germania.
Questi annetté alla Francia la riva sinistra del Reno e nel 1803
cancellò un centinaio di stati tedeschi, fra piccoli principati
laici ed ecclesiastici e città libere, assegnandone il territorio
agli stati confluiti nella Confederazione del Reno (1806). Elevando a
regni Baviera, Württemberg e Sassonia e costituendo il regno di Vestfalia
(1806-1807), Napoleone mostrò di essere il vero padrone della Germania:
Francesco II d'Asburgo dovette prenderne atto e nel 1806 rinunciò
alla corona del Sacro romano impero. L'Austria sconfitta ad Austerlitz
(1805) e la Prussia sconfitta a Jena (1806), dove perse i territori polacchi
e quelli a ovest dell'Elba confluiti nel regno di Vestfalia, cessarono
di essere le maggiori potenze tedesche. Ciò comunque spinse la
Prussia a una radicale riforma dello stato e dell'esercito e a favorire
le prime forze nazionalistiche comparse fra i giovani intellettuali. Dopo
la sconfitta di Napoleone, poté così far passare le sue
richieste al congresso di Vienna, ingrandendosi a spese della Sassonia
e annettendo la Renania (con i due bacini della Saar e della Ruhr) e il
regno di Vestfalia. La scomparsa di questo regno fu la principale modifica
apportata all'assetto napoleonico della Germania. Nessuno dei piccoli
stati fu restaurato e la Germania, composta di 39 entità politiche,
mantenne l'assetto di una confederazione sotto la presidenza dell'Austria.
Deluse nelle loro aspirazioni unitarie, le forze nazionalistiche tedesche,
ancora minoritarie ma destinate a crescere rapidamente nei successivi
trent'anni, vennero abbandonate anche dal re di Prussia (festa di Wartburg).
Mentre sull'unità nazionale scendeva il silenzio imposto dalla
Santa alleanza, l'unione economica tedesca faceva grandi progressi con
l'istituzione dello Zollverein (1834). Le vicende delle rivoluzioni del
1848 riproposero la questione dell'unità, ma l'assemblea di Francoforte
rimase a lungo paralizzata dalla contrapposizione fra grandi-tedeschi
e piccoli-tedeschi; quando questi ultimi offrirono la corona di Germania
a Federico Guglielmo IV di Prussia, questi la rifiutò, in parte
per non rompere con l'Austria, in parte perché l'idea di una corona
assegnata democraticamente dal basso gli apparve ripugnante. La prospettiva
di una unificazione tedesca che coinvolgesse le forze liberali e democratiche
venne totalmente abbandonata da Guglielmo I e dal suo cancelliere O. von
Bismarck che seguì una via puramente militare, battendo successivamente
la Danimarca (1864), l'Austria (battaglia di SadowaKöniggrätz,
1866) e la Francia (1870). Proclamato nel gennaio 1871 e subito ingrandito
con l'Alsazia-Lorena (trattato di Francoforte), il Reich tedesco fu dotato
di una costituzione confederale che lasciava in vita le dinastie degli
stati preunitari. Il Reichstag veniva eletto
a suffragio universale, ma il governo non dipendeva dal suo voto di fiducia
e la Prussia (che rappresentava i due terzi del territorio tedesco) conservò
per la sua camera dei deputati un sistema elettorale che favoriva nettamente
la nobiltà e i proprietari terrieri. Le vittorie militari furono
solo un aspetto dell'unificazione tedesca. L'altro fu il rapido sviluppo
industriale avviatosi dagli anni Cinquanta e proseguito fino allo scoppio
della prima guerra mondiale. Mentre la Germania superava la Gran Bretagna
come potenza industriale e la sua popolazione passava nel periodo 1871-1914
da 40 a 67 milioni di abitanti, la crescita delle città fu ancora
più rapida (tra il 1848 e il 1914 il tasso di urbanizzazione passò
dal 20 al 60%).
LA GERMANIA NEL XX SECOLO. La prima guerra mondiale si concluse
per la Germania con una netta sconfitta militare. Simultaneamente alla
firma dell'armistizio (novembre 1918), le maggiori città tedesche
insorsero contro la monarchia e costrinsero Guglielmo II ad abdicare e
andare in esilio. Alla proclamazione della repubblica seguì la
convocazione a Weimar di una assemblea che avrebbe dovuto dare al paese
una costituzione veramente democratica, rompendo con la tradizione militarista
e autoritaria imposta nel 1871 dalla Prussia alla Germania. La repubblica
di Weimar fu costretta ad accettare le pesanti clausole della pace di
Versailles e visse un difficile dopoguerra, tormentato dall'iperinflazione,
dai tentativi rivoluzionari di sinistra, dal terrorismo politico e dai
putsch della destra nazionalista. Alla stabilizzazione avviata dal 1925
(trattato di Locarno e ammissione della Germania nella Società
delle nazioni) seguirono però i disastrosi effetti della crisi
economica mondiale avviata alla fine del 1929 dal crollo della borsa americana.
Con l'avanzata del nazionalsocialismo la lotta politica assunse sempre
più i caratteri della guerra civile e, dopo che nel gennaio 1933
Hitler fu chiamato a rivestire le funzioni di cancelliere, bastarono pochi
mesi perché in Germania fosse instaurato un regime monopartitico.
Negli anni successivi la Germania hitleriana, attraverso una serie di
fatti compiuti, impose alle potenze europee la revisione del trattato
di Versailles e dopo l'Anschluss e il patto di Monaco (1938) si preparò
a recuperare Danzica attraverso la distruzione della Polonia. La nuova
sconfitta nella seconda guerra mondiale, accompagnata dalle notizie che
si diffondevano nel mondo sui massacri di ebrei compiuti nei campi di
sterminio (soluzione finale), fu pagata dalla Germania con un costo assai
più alto che nel 1918: il complesso territoriale prussiano fu annientato
e tutte le sue province orientali (Pomerania, Prussia, Slesia) furono
annesse dalla Polonia e dalla Russia, mentre la linea Oder-Neisse costituì
la frontiera con la Polonia; circa nove milioni di tedeschi furono espulsi
dalle province perdute, nonché dai Sudeti e dagli altri stati dell'Europa
centrorientale. L'inizio della guerra fredda rese definitiva la divisione
che si era venuta a creare in seguito all'avanzata dei fronti da ovest
e da est: nel 1949 si costituirono la Repubblica
federale tedesca e la Repubblica democratica
tedesca. La divisione tedesca, che aveva il suo simbolo nel muro che dal
1961 divideva Berlino est da Berlino ovest, perdurò fino al 1990,
quando, al seguito dei grandi movimenti che nel 1989 scossero i paesi
del blocco sovietico, la Rdt cessò di esistere e i suoi Länder
entrarono a far parte della Repubblica federale. Realizzata molto in fretta
dal cancelliere federale H. Kohl, per non perdere l'occasione favorevole,
l'unificazione travolse la debole e tecnologicamente arretrata economia
orientale, dove i tassi di disoccupazione e il malumore crebbero rapidamente;
d'altra parte i costi per reinserire nelle forme del mercato quella economia
si mostrarono assai più alti del previsto. Con le sue implicazioni
sociali ed economiche l'unificazione tedesca diventò così
un'incognita per il futuro dell'Europa, contrapponendo la politica monetaria
tedesca a quella degli altri membri della Cee e rallentando i processi
di unificazione monetaria (Sme).
G. Corni, S. Guarracino

B. Gebhardt (a c. di), Handbuch der deutschen Geschichte, 4 voll.,
Stoccarda 1970; J.P. Cuvillier, Storia della Germania medievale,
2 voll., Sansoni, Firenze 1985-1988; G. Mann, Storia della Germania moderna,
1789-1958, Sansoni, Firenze 1964; G.A. Craig, Storia della Germania,
1866-1945, 2 voll., Editori riuniti, Roma 1983.
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